martedì 5 gennaio 2010

Sala d'attesa

E' una stanza enorme, con alte finestre e pareti verde acqua, luci diffuse, panchine con sedili di pelle verde scuro e divani di pelle rossa. Dalla porta a vetri dell'ingresso, che trovi al centro dopo aver salito la larga scalinata, si possono fare 25 passi da un lato e 25 passi dall'altro per raggiungere altre due porte che conducono a due diversi reparti.
Ho passato in questo posto le mie ferie natalizie, non è così orribile.
Dopo un paio di giorni diventi parte della tappezzeria, io per esempio all'inizio non mi ero accorta di avere un compagno d'attesa fisso: un elegante signore di quasi ottanta anni, sempre in giacca e cravatta (dall'abbinamento dei colori ho dedotto che ricoverata c'era la moglie), sbarbato e invisibile. Mi sono accorta di lui un giorno che ha fatto una telefonata: per digitare il numero di telefono sul suo cellulare/citofono ha usato (lo giuro) una lente di ingrandimento stile "pantera rosa". In quel momento è diventato il mio mito personale, niente poteva più fermare la nostra estranea amicizia!
Un altro giorno, mentre in rigoroso silenzio eseguivamo il nostro compito d'attesa, è arrivata una nuova compagna: abbiamo capito al volo che sarebbe rimasta con noi (non come i "turisti" di passaggio che non chiudono mai la porta alle loro spalle), gli indizi erano facili:
1. occhi gonfi di lacrime di chi ha appena saputo di un cancro;
2. passo incerto di chi deve aspettare, ma non riesce proprio a sedersi;
3. la particolare attenzione con cui legge tutti gli articoli appesi al muro;
4. non si è accorta della nostra presenza perché ha altro a cui pensare.
Non sono servite parole, il giorno dopo aveva la sua panchina, di fronte a me e di lato all'altro signore. Aspettavamo tutti.
C'è chi arriva 5 minuti prima e poi uno alla volta siamo tutti al nostro posto, non cambiamo mai: quando vivi una situazione d'impotenza hai bisogno di certezze e la panchina della sala d'attesa è parte importante della tua terapia personale. Poi arriva il proprio turno per entrare: allora prendi i tuoi calzari, la tua mascherina (devi legarla sopra le orecchie altrimenti scivola), il tuo falso sorriso alla "ti vedo veramente meglio oggi!" "sei proprio figo senza capelli, potevi farlo prima!" e stai 10 minuti ad inventarti una vita che non vivi, perchè la sala d'attesa te la porti ovunque!

6 commenti:

  1. Cara Saffoco, mi dispiace tanto, tanto, tanto! Perché la vita umana a volte fa fatica a spegnersi? Spero di cuore che si tratta solo di una crisi della quale uscirà come vincitore! E spero anche che passerete ancora tanti momenti insieme, pure litigando! Un abbraccio e tanta forza!

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  2. Cara Saffoco, sapevo che ti avrei ritrovata proprio lì, in quella sala d'attesa su di una panca, a far da guardia a quel filo così sottile, ma indistruttibile, che è il legame padre/figlia.
    Si le liti, le incomprensioni, le cattiverie dette e ricevute, le spalle voltate e gli occhi che guardano oltre, i propositi definitivi, e le rabbie contenute con sforzi terribili.
    Ma tutto questo cara Saffoco, è solo l'espressione di sensazioni di torti presunti, e non incapacità nel volere e saper amare.
    Con il tuo post mi hai mostrato un pò del tuo mondo, vedo la panca, le finestre e finanche il vecchietto dalla lente alla Pantera Rosa, e lo sento anche amico mio.
    Nel "Piccolo Principe" è detto che: "Non si vede veramente, se non con gli occhi del cuore."
    Questo è il momento di dare al cuore gli occhi,
    e tu ne sono certo lo stai facendo.
    Quella sala d'attesa che ti porti ovunque, è un regalo del tuo papà, tienilo caro.
    Spero di non trovarti triste, un abbraccio grande a te, e uno al tuo papà.

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  3. Vento freddo della notte
    vento della notte nera
    non soffiare a questa porta
    lascia accesa la candela
    lasciaci guardare quando l'angelo sorride
    lasciaci sentire il canto dolce della sera

    http://www.youtube.com/watch?v=wNxhsdwQomY

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  4. Vi ho portati con me oggi: Selene ho condiviso con te il dispiacere e la speranza; Gianni (ormai lo so che non sei solo Monteamaro) ho sentito il tuo abbraccio; Anonimo nelle orecchie la tua Ninna Nanna.
    Grazie.

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  5. Approdo su queste sponde per la prima volta. Leggo di momenti poco piacevoli, ma affrontati con carattere, con forza.
    Non voglio aggiungere altro per non essere fuoriluogo. Ma ho letto anche qualche post precedente e posso dire che quest'isola immaginaria non è male.

    Un saluto,

    Y BUENA VIDA

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  6. Benvenuto Capitano, grazie per esserti fermato, soffermato. Non è "Buena Vida" al momento per me, ma è sempre "Vida"...torna quando vuoi io non chiedo permessi di "soggiorno" nella mia isola!

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